Considerato uno dei padri fondatori dell’iconologia, Erwin Panofsky (Hannover, 1892 – Princeton, 1968) è uno dei maggiori storici dell’arte che ha avuto più successo presso le successive generazioni di studiosi di iconologia. La novità apportata da Panofsky fu quella di proporre un approccio alla storia dell’arte concreto e razionale, abbandonando i miti romantici del genio.
Alla base dei suoi metodi di ricerca in storia dell’arte vi sono due importanti aspetti: lo studio dei testi di Aby Warburg e l’interesse verso l’iconologia.
Studi di iconologia
Parte della sua ricerca iconologica deriva dal recupero degli studi del defunto professore Aby Warburg. Ispirato dai suoi metodi di ricerca, Panofsky scrive nel 1939 Studi di Iconologia, grazie al quale per la prima volta un pubblico non specialistico riesce ad approcciarsi all’iconologia ed a temi iconografici nella storia dell’arte, quali «Padre tempo» o «Amor cieco». Attraverso le indicazioni dettate da Panofsky sono in grado di ricondurre un quadro comune a capolavori celeberrimi quali Amor Sacro e Amor profano di Tiziano o le Tombe Medicee e la Sepoltura di Giulio II opera di Michelangelo.
Il secondo aspetto riguarda il suo contributo all’iconologia, la quale viene definita come studio dei possibili significati delle immagini, da distinguere dall’iconografia, e con la quale è possibile studiare un’opera d’arte.
Mentre l’iconologia mira a rintracciare il significato simbolico dietro ad ogni immagine, inconsciamente assegnato dall’artista, l’iconografia ha il compito di decifrare gli indizi che col tempo gli artisti hanno reso sempre più occulti. I significati da inconsci sono ora diventati occulti. Come affermava Paech, altro grande maestro tedesco della storia dell’arte:
«accertare il significato voluto di un’opera d’arte, il contenuto che l’artista aveva voluto esprimere o proclamare, è stato, naturalmente, sempre considerato uno degli oggetti legittimi della ricerca storica artistica».
Riprendendo il processo di razionalizzazione, citato in precedenza, a cui va incontro il metodo storiografico, Erwin Panofsky arriva a porsi una domanda. Se ogni opera d’arte può essere ridotta ad un significato razionale, e questo significato può essere «nascosto», dunque l’opera d’arte ne diviene «simbolo», chi ci assicura la sua giusta interpretazione? La risposta di Panofsky è:
«se ogni comune pianta, ogni particolare architettonico, o utensile, o mobile, possono intendersi come metafore, cosicché tutte le forme con cui si è voluto trasmettere un’idea simbolica possono presentarsi a noi come piante comuni, particolari architettonici, utensili o mobili, come potremmo stabilire dove termina la trasfigurazione generale “metaforica” della natura, o dove comincia il simbolo specifico concreto?».
La citazione di Panofsky è tratta dal suo scritto intitolato Early Netherlandish Painting, Its Origins and Character (1966), nel quale troviamo anche la risposta alla sua domanda. Proseguendo egli afferma:
«temo che non ci sia altra soluzione a questo problema nell’uso dei metodi storici, temperato, se possibile, dal buon senso. Dobbiamo chiederci se il significato simbolico di un dato motivo sia o no consueto in una determinata tradizione figurativa… se una interpretazione simbolica possa o meno giustificarsi on determinati testi o se si accordi con le idee che si possono dimostrare vive in quel periodo e presumibilmente, note agli artisti… ed in qual misura questa interpretazione simbolica concordi con la posizione storia e le tendenze personali del singolo maestro».
L’interpretazione di un quadro secondo Panofsky
Dunque, per Panofsky, capire il significato simbolico racchiuso nei quadri significa tener conto delle idee in circolo in quel periodo, in modo tale da comprendere meglio l’artista. Perciò un quadro segue i cambiamenti delle epoche, dei luoghi, che cambiano il modo in cui gli artisti vedono la realtà.
Vedi l’esempio di Firenze e Venezia, città nelle quali spopolò la dottrina platonica, soprattutto attraverso la circolazione di testi e versioni divulgative del pensiero. E’ più difficile dimostrare che la ricostruzione iconologica concordi con il periodo storico, piuttosto che con il pensiero del singolo maestro.
Interpretare un’opera d’arte significa raccogliere il suo senso vero e proprio, raggiungibile attraverso lo studio del contesto storico culturale del momento (letteratura, teologia, filosofia). Panofsky era convinto che il cambiamento di una forma, di un simbolo, corrisponda a un cambiamento di significato. Quando si studiano delle serie, ossia dei quadro che potrebbero avere delle associazioni, bisogna stare attenti alle forme e ai significati rintracciabili.
Le serie, o allegorie, sono per Panofsky combinazioni di immagini. Nel passaggio da un quadro all’altro, a ogni cambiamento formale dell’immagine corrisponde inevitabilmente un cambiamento del significato. L’opera d’arte è pertanto il risultato di un’interpretazione che fa lo studioso, il quale abbina le inclinazioni caratteristiche di un artista, il modo in cui l’artista vede il mondo, e le forme che sono tipiche della società del tempo.
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