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Storia dell'arte moderna

La Cappella Sansevero: capolavoro del barocco napoletano

Quando si parla di creatività barocca a Napoli non si può fare a meno di nominare la Cappella Sansevero, la cui fama è legata indissolubilmente al Cristo Velato e al suo principale artefice, il principe Raimondo di Sangro, settimo Principe di Sansevero, al quale si deve la quasi totalità delle opere in essa contenute.

“Chiunque tu sia, o viandante, cittadino, provinciale o straniero, entra e devotamente rendi omaggio alla prodigiosa antica opera: il tempio gentilizio consacrato da tempo alla Vergine e maestosamente amplificato dall’ardente principe di Sansevero don Raimondo di Sangro per la gloria degli avi e per conservare all’immortalità le sue ceneri e quelle dei suoi nell’anno 1767. Osserva con occhi attenti e con venerazione le urne degli eroi onesti di gloria e contempla con meraviglia il pregevole ossequio all’opera divina e i sepolcri dei defunti, e quando avrai reso gli onori dovuti profondamente rifletti e allontanati”

(Iscrizione portale laterale)

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Quando si parla di creatività barocca a Napoli non si può fare a meno di nominare la Cappella Sansevero, la cui fama è legata indissolubilmente al Cristo Velato e al suo principale artefice, il principe Raimondo di Sangro, settimo Principe di Sansevero, al quale si deve la quasi totalità delle opere in essa contenute. Il suo intento era quello di costruire un’opera ricca di riferimenti simbolici, con un chiaro messaggio volto a tramandare la sua memoria ai posteri. E’ sicuramente una delle tappe principali per chi è in visita a Napoli, assolutamente da non tralasciare. Anche se si ha a disposizione poco tempo!

Storia della Cappella Sansevero

Le origini della piccola cappella risalgono al seicento. Secondo la storiografia napoletana l’edificazione della cappella fu voluta dal duca di Torremaggiore Giovan Francesco di Sangro, il quale gravemente ammalato, si rivolse all’effige della Madonna qui venerata in seguito ad un’apparizione, per ottenere la guarigione: miracolato, per gratitudine fece innalzare, nello stesso posto, una “picciola cappella” denominata Santa Maria della Pietà o Pietatella.

Fu però il figlio di Giovan Francesco, Alessandro di Sangro patriarca di Alessandria, che intraprese nei primi anni del ’600 grandi lavori di trasformazione e ampliamento, modificando l’originario sacello in un vero e proprio tempio votivo, una sorta di pantheon destinato a ospitare le sepolture degli antenati e dei futuri membri della famiglia.

Del periodo seicentesco restano le dimensioni perimetrali, le cappelle laterali e la policromia dell’abside. Per il resto, l’apparato scultoreo e pittorico fu realizzato a partire dagli anni ’40 del 1700 per volontà appunto di Raimondo di Sangro.

Opere d’arte conservate al suo interno

Al suo interno è custodito il Cristo Velato, un’opera unica che inizialmente fu commissionata al Corradini (autore anche della Pudicizia) ma quest’ultimo morì nel 1752 lasciando solo una bozza in terracotta. Questo evento diede spazio al giovane artista napoletano Giuseppe Sanmartino grazie all’incarico di Raimondo di Sangro.

La vena gonfia sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani, il costato scavato, i ricami del sudario e gli strumenti della Passione poste ai piedi del Cristo, le proporzioni e la regolarità dell’insieme, sono tutti dettagli che lasciano senza fiato e che affascinano qualsiasi persona che si presenti per la prima volta, e non solo, nella cappella. Sul basamento una scritta accompagna e rafforza il significato dell’allegoria: “Qui non vident videant”, ovvero “chi non vede veda”.

Si riferisce all’acquisizione della vera vista, con la visione della vera luce che si realizza solo grazie all’uso della ragione e alla pratica della virtù, grazie alle quali è possibile vedere la realtà nascosta da tutto ciò che di ingannevole e finto si presenta ai nostri occhi.

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Proseguendo la visita nel complesso apparato scultoreo, non si può fare a meno di ammirare anche le statue delle dieci Virtù addossate ai pilastri, poste secondo un preciso intento, quello di sviluppare un cammino che mirasse alla conoscenza e perfezionamento di noi stessi.

Tra tutte Virtù, che prendono le sembianze di donne probabilmente legate al casato dei Sangro, ve ne è una maschile: il Disinganno, un omaggio al padre di Raimondo Sangro, Antonio.

La statua è opera di Francesco Queirolo realizzata tra il 1753 e il 1754, ed è uno dei capolavori del barocco napoletano. L’angelo ha sul capo una fiamma, simbolo dell’intelletto, e indica il globo ai suoi piedi che invece rappresenta i piaceri mondani. Davanti al globo osserviamo invece la Bibbia, chiaro simbolo della fede. Cosa si vuole intendere allora con tale allegoria? Essa è senza dubbio un chiaro riferimento ai piaceri mondani, visti come un inganno, ed è solo con la fede e l’intelletto che l’uomo potrà liberarsi dall’inganno della mondanità e quindi del peccato.

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La scultura colpisce per il suo incredibile virtuosismo, evidente nella rete, realizzata con formidabile ed eccezionale abilità tecnica, tanto che sembra appartenere allo stesso, unico, blocco di marmo a cui appartiene il gruppo intero. Si racconta un aneddoto interessante a riguardo: pare che Queirolo avesse affidato il gruppo ad alcuni collaboratori per la finitura e la lucidatura. Tuttavia questi avrebbero rifiutato l’incarico per timore di rompere la delicatissima rete che avvolge il corpo dell’uomo: e sarebbe stato perciò Queirolo a terminare in prima persona tutti i lavori di finitura dell’opera.

Il sito ufficiale della Cappella Sansevero è Museo Sansevero .

Informazioni utili

Aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30. L’ultimo ingresso è consentito fino a 30 min. prima della chiusura. Chiuso il martedì.

Tariffe : biglietto ordinario: 7 euro; Artecard: € 5.00; ragazzi da 10 a 25 anni compiuti: € 5.00; scuole: € 3.00; minori di 10 anni: gratis; audioguida: € 3.00.

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